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Il New Sky Building a Shinjuku è uno shock visivo: un volume compatto che sembra una nave incagliata tra i palazzi. Progettato da Yoji Watanabe a fine anni ’60 e completato nel 1970, è conosciuto come “gunkan”, la corazzata. Non è un edificio che si limita a farsi guardare: vi consiglio di andarci con gli occhi pronti a leggere dettagli e tensioni, perché ogni lato racconta Tokyo in trasformazione.
Watanabe ragiona per moduli e innesti: l’edificio è pensato come un organismo che può evolvere. L’immaginario è industriale, quasi militare: volumi a sbalzo come torrette, corpi scala che diventano “ponti”, piani che si affacciano come coperta. È una visione vicina al Metabolismo giapponese, ma con un piglio più crudo: niente utopie patinate, qui la città è materia viva che spinge e si compatta.
La facciata non strizza l’occhio: superfici scabre, balconi obliqui, parapetti che disegnano una texture navale. Le linee sono angolari, tagliate con decisione; gli innesti verticali (scale e cavedi) creano nervature che alleggeriscono la massa. Il colore, spesso percepito come grigio ferro, accentua l’idea di guscio tecnico. È un’estetica “funzionale”, dove ogni sporgenza ha una logica: ombra, aerazione, passaggi impiantistici.
Gli interni riflettono la stessa sobrietà. Corridoi compatti, rampe e pianerottoli che giocano con la luce naturale. Le aperture non sono scenografiche, ma chirurgiche: tagli che portano aria e luminosità dove serve. La percezione è di densità controllata: spazi pronti a essere adattati, senza una finitura che imponga uno stile unico. È un’architettura che lascia margine d’uso a chi la vive.
Da vicino l’edificio intimorisce, poi conquista. Camminando lungo Shokuan-dori la silhouette appare come una prua. La luce radente evidenzia spigoli e rientranze, i balconi diventano scaglie. Non c’è compiacimento estetico: prevale una energia compressa, quasi un ronzio meccanico. Se amate l’architettura che racconta il lavoro della città, qui sentirete stratificazione e memoria, senza nostalgie facili.
Yoji Watanabe attraversa gli anni del boom economico con un’idea chiara: gli edifici devono reggere l’urto della crescita urbana. Le affinità con i metabolisti si vedono nell’interesse per la modularità, ma la sua scrittura è più ruvida. Non cerca l’icona levigata: punta su una potenza formale che richiama cantieri, officine, il ritmo produttivo della Tokyo postbellica.
Siamo a Higashi-Shinjuku/Okubo, lungo Shokuan-dori; la stazione di riferimento è Higashi-Shinjuku (uscite A1/A2). Dall’uscita, vi consiglio di costeggiare la strada sul lato opposto per avere la vista “di prua”. L’edificio si osserva bene dall’angolo stradale, con margine per inquadrare i volumi a sbalzo. L’accesso agli interni può variare a seconda delle destinazioni d’uso presenti: trattatelo come un luogo vivo, con attività e residenti, e muovetevi con discrezione.
Per valorizzare spigoli e rientranze funziona una luce radente. Al mattino presto o nel tardo pomeriggio i balconi obliqui creano ombre pulite. Se volete un’aria più drammatica, vi consiglio il cielo coperto: il grigio uniforme rende l’insieme ancora più “navale”. Suggerimenti pratici:
Guardate le giunzioni: è lì che si legge l’idea modulare. Le scale esterne raccontano il dialogo tra flussi e struttura; i parapetti rivelano la volontà di disegnare una pelle funzionale più che decorativa. Anche gli impianti a vista (dove presenti) parlano di sincerità costruttiva: nulla è nascosto, tutto è parte del linguaggio.
In una Shinjuku fatta di torri vetrate, il New Sky Building resta un promemoria di quando Tokyo cercava futuro attraverso la sperimentazione. È iconico perché non chiede di piacere a tutti: pretende uno sguardo attento, premia chi ama l’architettura come racconto di città. Per chi fotografa, offre ritmo e materia; per chi studia, un caso di manuale su come i moduli possano generare identità.
Tra il 2000 e il 2002, alcuni residenti, tra cui alcuni stranieri, organizzavano piccoli party discreti, a volte anche sul tetto iconico: appuntamenti che rimbalzavano tra blog e forum dell’epoca e che hanno contribuito a creare l’aura “cult” dell’edificio, come testimoniano i racconti di chi fu invitato a feste sul rooftop e le cronache urbex di quegli anni.
Il New Sky Building non è un’icona “facile”, ed è proprio questo che lo rende necessario. È un pezzo di Tokyo che ricorda come la città sappia essere dura e poetica allo stesso tempo. Vi consiglio di andarci senza fretta: fate il giro completo, cercate il vostro punto di vista, lasciate che i tagli e le ombre vi parlino. Se amate architettura e fotografia urbana, qui trovate coraggio progettuale e un carattere che non assomiglia a niente di vicino.
Puoi trovare questo luogo nella mia mappa del Giappone su Google Maps:
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Autore
Abito in Giappone, a Tokyo, da molti anni. Sono arrivato qui per la prima volta oltre 20 anni fa. Fondatore di GiappoTour e GiappoLife. Sono da anni punto di riferimento per gli italiani che vogliono venire in Giappone per viaggio, lavoro o studio. Autore dei libri Giappone, la mia guida di viaggio, Giappone Spettacularis ed Instant Giapponese (ed.Gribaudo/Feltrinelli) e produttore di video-documentari per enti governativi giapponesi. Seguito da più di 2 milioni di persone sui vari social (Pagina Facebook, TikTok, Instagram, Youtube).