A 337 metriTempura TsunahachiA 337 metri
Ottimo catena di tempura.

Se volete vedere Frank Lloyd Wright a Tokyo senza entrare in un museo, andate al Jiyu Gakuen Myonichikan. È una scuola trasformata in casa della memoria, un’architettura fatta di linee orizzontali, pietra porosa e luce calda che filtra da vetrate geometriche. Qui l’idea non è stupire con la grandezza, ma farvi sentire a misura d’uomo: soffitti bassi, proporzioni raccolte, dettagli che invitano a restare. Vi consiglio di entrarci con calma, sedervi, ascoltare il legno che scricchiola e lasciare che la casa vi racconti perché, dopo un secolo, è ancora viva.
Il Myonichikan è a Nishi-Ikebukuro, a pochi minuti a piedi dalla stazione di Ikebukuro (lato ovest). Dall’esterno è più basso degli edifici vicini: ecco il primo indizio della sua identità. Le masse orizzontali tagliano la strada come un giardino abitato. Vi consiglio di verificare giorni e orari di apertura perché la struttura ospita anche eventi privati; quando è aperta, l’atmosfera è tranquilla e le sale si girano con tempo e silenzio.
Il nome significa “Casa del domani”: nasce nei primi anni Venti come sede della Jiyu Gakuen, una scuola che voleva educare con libertà e responsabilità. L’edificio riflette quell’idea: niente monumentalità rigida, ma spazi accoglienti dove lo stare insieme è progetto, non effetto collaterale. Nel corso del tempo la scuola si è spostata altrove, e Myonichikan è rimasta testimone di un’epoca e di un metodo, oggi aperta a chi vuole capire la Tokyo moderna partendo da una stanza di legno.
A firmare il complesso è Frank Lloyd Wright, insieme al suo collaboratore giapponese Arata Endō. Se avete in mente il celebre Imperial Hotel (oggi non più esistente se non in parte ricostruita), qui troverete lo stesso vocabolario tradotto su una scala intima: orizzontali pronunciate, sporgenze profonde, vetrate con motivi geometrici che disegnano la luce. Wright porta la sua “prairie” nel tessuto urbano di Tokyo e la mixa con materiali locali, perché l’architettura non deve imporre, deve dialogare.
Il protagonista è l’Ōya-ishi, una pietra vulcanica verde-grigia, tattile, che assorbe la luce e la restituisce morbida. Il legno fa il resto: telai, travi, arredi su misura che profumano ancora di cera. Le finestre sono basse e allungate, così l’orizzonte entra in casa e abbassa la scala visiva. Vi consiglio di fermarvi qualche minuto vicino alle vetrate: i disegni in vetro piombato non decorano soltanto, regolano la luce come una stoffa, la setacciano e la fanno scorrere.
Wright progettava pensando al corpo. Corridoi non troppo larghi, sedute vicine, altezze calibrate: tutto invita a parlare piano, a guardarsi in faccia. È una lezione di architettura che vale più di mille trattati: ridurre la scala non significa impoverire, significa concentrare. Vi consiglio di osservare come i soffitti ribassati preparano l’ingresso a sale leggermente più alte: un piccolo crescendo che fa percepire lo spazio come un percorso narrativo.
La sala centrale — tra refettorio e aula magna — è il baricentro emotivo. Qui la luce arriva dall’alto tramite lanterne e pannelli vetrati; sotto, tavoli e sedie su misura allineano il ritmo dello sguardo. Il legno non è un rivestimento, è struttura e atmosfera. Quando è silenziosa, si sentono i passi e il respiro dell’edificio; quando ospita un evento, capite subito perché è stata pensata per stare insieme.
Se vi piace cercare particolari, questo è il vostro terreno di gioco. Io vi consiglio di fare un giro “a caccia” di micro-segni:
All’esterno, il verde non è scenografia: è cuscinetto tra città e casa. Le aiuole basse e i muretti accompagnano lo sguardo, mentre le gronde profonde proteggono la facciata e creano ombra. L’insieme è un manuale su come ammorbidire l’incontro tra architettura e strada. Vi consiglio di fare due giri: uno da vicino, toccando i materiali, e uno più largo per leggere gli allineamenti e le proporzioni.
Essendo nata come scuola, Myonichikan insegna ancora oggi: mostra come lo spazio possa educare ai gesti quotidiani — sedersi, parlare, ascoltare. Non ci sono effetti speciali, c’è una coreografia di movimenti minuscoli che rendono naturale condividere tempo e attenzione. È un tema attualissimo: in una Tokyo che corre, questo luogo ricorda che la modernità può essere lenta e precisa.
Negli anni il complesso è stato restaurato con cura, riportando a leggibilità i colori, i legni e le pietre. Oggi la casa vive: si organizzano concerti da camera, riunioni, matrimoni. La cosa bella è che la funzione non tradisce il progetto originario: l’edificio continua a mettere in relazione le persone. Vi consiglio di controllare se, nel giorno della visita, è prevista la coffee time o una piccola apertura speciale: cambia il modo in cui si esperiscono le sale.
Myonichikan è uno di quei luoghi che fanno cambiare idea su cosa sia “importante” in architettura. Non c’è la scala monumentale, non c’è il gesto da cartolina: c’è la cura. E la cura, qui, si vede dappertutto — negli spessori delle cornici, nella scelta della pietra, nella luce che entra misurata. Vi consiglio di inserirlo nel vostro itinerario non come riempitivo, ma come tappa centrale se amate luoghi che sanno raccontare senza gridare.
Se restate in zona, Ikebukuro offre caffè e piccole librerie dove digerire quello che avete visto. Tenete Myonichikan come perno di una giornata “orizzontale”: camminate, sedetevi, guardate i dettagli delle facciate basse dei quartieri residenziali attorno. È un buon modo per capire come la lezione di Wright — proporzione e intimità — sia entrata, quasi senza farsi notare, nel tessuto di Tokyo.
Ogni volta che torno qui, esco con la stessa sensazione: la città è identica, ma io la guardo meglio. Il Myonichikan non è una reliquia, è una macchina di calma. Vi consiglio di portarvi via due cose: un paio di foto e un gesto. Le foto passeranno, il gesto — entrare piano, cercare la luce, scegliere i materiali giusti — resterà nelle vostre giornate. Ed è forse questo il messaggio più attuale di una “Casa del domani” nata cento anni fa.
Puoi trovare questo luogo nella mia mappa del Giappone su Google Maps:
Jiyu-Gakuen-Myonichikan - lì vicino trovate:
A 337 metriOttimo catena di tempura.
A 337 metriGustose zuppe.
A 377 metriCartoleria molto ben fornita.
A 408 metriOttima catena di okonomiyaki.
A 437 metriCatena di negozi con un po' di tutto, con stile.
A 467 metriLibreria.

Autore
Abito in Giappone, a Tokyo, da molti anni. Sono arrivato qui per la prima volta oltre 20 anni fa. Fondatore di GiappoTour e GiappoLife. Sono da anni punto di riferimento per gli italiani che vogliono venire in Giappone per viaggio, lavoro o studio. Autore dei libri Giappone, la mia guida di viaggio, Giappone Spettacularis ed Instant Giapponese (ed.Gribaudo/Feltrinelli) e produttore di video-documentari per enti governativi giapponesi. Seguito da più di 2 milioni di persone sui vari social (Pagina Facebook, TikTok, Instagram, Youtube).