Plastica in Giappone

In Giappone la plastica è ovunque. La notate appena arrivate: bottigliette, confezioni singole, sacchetti dentro altri sacchetti. Ma è solo quando iniziate a viverci davvero, o a passarci un po’ di tempo, che vi rendete conto di quanto sia profonda e radicata questa cultura della plastica. È quasi invisibile agli occhi dei giapponesi, mentre per chi arriva da fuori può sembrare surreale. Eppure, è un tema molto più complesso di quanto sembri. Vi spiego qui cosa c’è dietro, quali sono le contraddizioni, e cosa potete aspettarvi se venite in Giappone oggi.

Detto questo, è giusto essere sensibili al problema dello spreco, e personalmente cerco sempre di fare attenzione. Ma ultimamente è diventata una specie di moda moralista: indignarsi per ogni sacchetto di troppo, come se fosse la tragedia del secolo. Attenzione: che nel mondo ci sia di peggio non vuol dire che allora va bene tutto, ci mancherebbe. Però non fissatevi troppo. Se volete davvero aiutare il pianeta, servono scelte più profonde e sistemiche, non solo post indignati su internet dopo aver visto una banana incartata.

Indice


Plastica ovunque

Se è la vostra prima volta in Giappone, ve ne accorgerete subito al supermercato. Una mela confezionata singolarmente. Una banana incartata. Dei biscotti impacchettati uno a uno. E non è finita: dopo aver pagato, vi danno spesso un sacchetto piccolo per ogni prodotto, che poi voi metterete in un sacchetto grande. E magari anche in un terzo, se piove.

Tutto è estremamente ordinato, separato, pulito. Ma anche eccessivo. A volte vi sembrerà di vivere in una versione alternativa del mondo, dove le confezioni contano più del contenuto. Eppure, per chi vive qui, è assolutamente normale. È parte della cultura.

Il sacchetto nel sacchetto: logica e assurdità

Questa cosa dei sacchetti è davvero emblematica. Non è raro vedere persone con tre strati di plastica per un solo prodotto. Un esempio concreto: comprate una pesca in un supermercato di fascia media. È avvolta in un imballaggio morbido per proteggerla, poi in un vassoietto di plastica rigida, poi in un film trasparente. Alla cassa, vi chiedono se volete un sacchettino piccolo per la frutta, e poi ve lo infilano nel sacchetto grande, che magari è già in una busta della catena.

Non è uno scherzo, ed è tutto fatto con cortesia e precisione. Ma vi fa venire da chiedervi: non stiamo esagerando?

Cultura della pulizia

Prodotti da forno in vetrina in una panetteria parigina.
Per capire davvero il motivo di tutto questo, bisogna partire da qui. In Giappone, la pulizia è un valore profondissimo. Non solo igiene: proprio l’idea che ogni cosa debba essere protetta, perfetta, priva di imperfezioni. Quando comprate qualcosa, il modo in cui è incartato è parte del valore.

Un pacchetto perfetto equivale a un rispetto massimo. Non è un’esagerazione: qui anche la barretta di cioccolato da 100 yen viene confezionata con una cura che altrove si riserva solo ai regali.

Questo vale anche per i sacchetti. Il commesso che ve ne dà uno in più non sta sprecando plastica, dal suo punto di vista: vi sta trattando con rispetto. Sta facendo il massimo per farvi tornare.

Plastica e bento

Pensate ai bento, le scatole pasto giapponesi che si trovano ovunque: stazioni, supermercati, combini. Ogni alimento è separato. Il riso non tocca il pesce, la tempura non si bagna. La plastica qui è la soluzione perfetta: leggera, economica, precisa.

Ogni pezzo è fatto per mantenere il cibo fresco e bello da vedere, senza compromessi. Un pasto veloce, ma curato. Però tutto questo comporta una quantità enorme di contenitori monouso. Anche se li buttate nella raccolta differenziata, l’impatto non è nullo.

Il paradosso del riciclo in Giappone

Ora arriva la parte che spiazza: il Giappone è uno dei Paesi che riciclano di più al mondo. È vero, i numeri lo dicono. Ma c’è un dettaglio importante: ogni Paese calcola il riciclo in modo diverso.

In Giappone, bruciare la plastica per produrre energia viene considerato “riciclo”. Quindi anche se la bottiglia non viene trasformata in un’altra bottiglia, ma finisce in un inceneritore, entra comunque nelle statistiche. Si chiama thermal recycling, e qui è normale.

In pratica: il rifiuto non viene buttato via, ma usato per generare elettricità. Ma questo non è riciclo vero e proprio, almeno non come lo intendiamo noi. È una forma di smaltimento energetico. Ed è proprio qui che sta il grande fraintendimento.

Come funziona davvero la raccolta differenziata

Cestini per la raccolta differenziata in Giappone.
Se vivete in Giappone, vi accorgerete subito che la raccolta è molto complessa. Ci sono giornate per la plastica, giornate per le lattine, altre per la “combustibile” (i rifiuti che si bruciano), altre ancora per la “non combustibile”.

E la plastica? Anche quella si divide. PET, cioè le bottiglie trasparenti, si smaltiscono a parte. Il resto – pacchetti, pellicole, sacchetti – finisce in una categoria chiamata プラ (pura), cioè “plastica non-PET”.

In teoria tutto questo viene raccolto e mandato a impianti specializzati. Ma come dicevo prima, gran parte di questa plastica non viene riciclata in senso stretto, bensì incenerita. E questo ha un impatto.

Il vero problema: il monouso

Al di là del riciclo, il vero problema in Giappone è l’enorme uso di plastica monouso. Sacchetti, bacchette, cannucce, confezioni singole. In parte è culturale, in parte commerciale. Ma è difficile da eliminare.

I giapponesi sono abituati a un livello altissimo di servizio e presentazione. Cambiarlo richiede uno sforzo collettivo enorme, perché significa toccare qualcosa di profondamente radicato: l’idea che “ogni cliente merita il massimo”.

E anche se negli ultimi anni sono stati fatti piccoli passi, come far pagare i sacchetti in negozio, l’impatto è ancora minimo. Molti continuano a prenderli, o portano da casa borse… ma poi accettano comunque i sacchettini interni senza dire nulla.

Le confezioni multiple: una questione culturale

Pensate a questo: comprate dei biscotti. Dentro la scatola, ogni biscotto è singolarmente incartato. Perché? Per comodità, certo. Ma anche per una questione di igiene, di condivisione, di educazione sociale.

In Giappone è normale offrire cibo ad altri, anche al lavoro. E confezioni singole permettono di dividere il cibo senza toccarlo. Sono considerate una forma di rispetto. Quindi anche se sembrano inutili, hanno un senso nel contesto locale.

Cosa potete fare come viaggiatori

Vi do un consiglio: non pensate di cambiare il Giappone, ma potete cambiare il vostro piccolo comportamento.

● Portate con voi una borsa riutilizzabile
● Rifiutate gentilmente i sacchetti extra (in giapponese: 「袋いらないです」 fukuro iranai desu)
● Usate borracce invece delle bottigliette
● Evitate i prodotti con mille confezioni, se possibile

Non vi giudicheranno se lo fate. Anzi, molti giapponesi apprezzano sempre di più queste attenzioni. Ma non aspettatevi che il sistema cambi in fretta: il cambiamento, qui, è sempre lento e graduale.

Un’economia che dipende dalla plastica

Va anche detto che molte aziende giapponesi sono legate a doppio filo alla produzione di plastica. Non solo packaging, ma anche elettronica, cosmetici, imballaggi industriali. Ridurre il consumo significherebbe ristrutturare intere filiere.

E poi c’è un aspetto economico: il packaging vende. Un prodotto ben confezionato attira di più. In un Paese dove l’estetica ha un peso enorme, il design delle confezioni è parte integrante del marketing.

I segnali di cambiamento

Nonostante tutto, qualcosa si sta muovendo. Ci sono start-up che propongono materiali biodegradabili. Supermercati che sperimentano la vendita sfusa. Alcuni negozi hanno iniziato a usare carta cerata al posto del film plastico.

Anche le grandi catene stanno cercando di ridurre gli sprechi. Ma come spesso accade in Giappone, si tratta di piccoli gesti, graduali, mai troppo rivoluzionari.

È un Paese dove l’armonia viene prima della rottura. E anche quando c’è consapevolezza ambientale, i cambiamenti devono avvenire senza disturbare l’equilibrio.

Conclusione

Il Giappone ha una relazione molto particolare con la plastica. Per certi versi la usa come espressione di rispetto e cura, ma nel farlo ha costruito un sistema estremamente dipendente dal monouso.

Non è giusto giudicare questa cultura solo con gli occhi occidentali, ma è fondamentale esserne consapevoli. Se venite in Giappone, non aspettatevi un Paese “green” nel senso europeo del termine. Però potete osservare tutto con curiosità, fare le vostre scelte, e magari trovare un equilibrio.

E soprattutto: se anche voi siete rimasti scioccati dal sacchetto dentro il sacchetto, tranquilli. È successo a tutti noi. Ma è proprio da queste piccole cose che iniziamo a capire davvero quanto profonda e diversa sia la cultura giapponese.

Ti consiglio di venire in Giappone con GiappoTour! Il viaggio di gruppo in Giappone con più successo in Italia, organizzato da me! Ci sono pochi posti disponibili, prenota ora!
Marco Togni

Autore

Marco Togni

Abito in Giappone, a Tokyo, da molti anni. Sono arrivato qui per la prima volta oltre 20 anni fa.
Fondatore di GiappoTour e GiappoLife. Sono da anni punto di riferimento per gli italiani che vogliono venire in Giappone per viaggio, lavoro o studio. Autore dei libri Giappone, la mia guida di viaggio, Giappone Spettacularis ed Instant Giapponese (ed.Gribaudo/Feltrinelli) e produttore di video-documentari per enti governativi giapponesi.
Seguito da più di 2 milioni di persone sui vari social (Pagina Facebook, TikTok, Instagram, Youtube).