Perché i giapponesi si inchinano?

Prima di un viaggio in Giappone è importante informarsi per conoscere alcuni aspetti fondamentali dell’etichetta giapponese ed evitare così di sembrare scortesi.  Uno di questi aspetti è sicuramente l’inchino, un gesto molto diffuso nella vita quotidiana giapponese e usato in tantissime situazioni e contesti differenti.

Le origini dell’inchino si pensa siano legate all’introduzione del buddismo cinese in Giappone durante il periodo Nara: all’epoca era un gesto usato esclusivamente quando si incontrava una persona di uno status sociale più elevato per mostrare rispetto e fedeltà. Nella società moderna l’inchino viene usato con altri significati, oltre a quello originario, ad esempio per: 

  • salutare qualcuno, accompagnato dai classici saluti come konnichiwa o ohayo gozaimasu;
  • ringraziare o mostrare apprezzamento per determinati gesti e parole e anche in questo caso si accompagna a termini come arigato;
  • chiedere a qualcuno un favore;
  • porgere delle scuse per qualcosa che si è fatto o detto;
  • pregare o mostrare riverenza di fronte ad una divinità o un monaco;
  • durante le cerimonie religiose o tradizionali (ad esempio la cerimonia del tè) e all’inizio e  conclusione di una lezione, un meeting pubblico, ecc.

Più che concentrarvi sulle varie situazioni in cui usare l’inchino, pensate semplicemente alle emozioni che si trasmettono con questo gesto, ovvero rispetto, apprezzamento, dispiacere, ecc. in questo modo è più facile ricordarsi quando usarlo.

Esistono però tre diversi tipi di inchino, a seconda dei gradi di curvatura del busto, che vanno usati a seconda del contesto, se formale o informale, e della condizione sociale della persona che si ha di fronte.

Tre tipi di inchino

Anche se oggi molti uomini d’affari che intrattengono rapporti commerciali con gli occidentali sono abituati alla stretta di mano e non ci aspetta da uno straniero che sappia esattamente tutte le sfaccettature della gestualità giapponese, sicuramente farete una buona impressione se utilizzerete l’inchino nella forma corretta, dimostrando così rispetto e conoscenza delle usanze locali. 

Inchino di 15 gradi

L’inchino più informale si chiama  “eshaku” e implica una curvatura del busto di 15 gradi o in alcuni casi anche solo un leggero cenno del capo: lo si usa generalmente quando si salutano gli amici o in generale persone dello stesso status sociale. In questo caso in realtà sarebbero sufficienti anche solo le parole di saluto, ma accompagnare il saluto ad un piccolo inchino vi fa apparire un po’ più rispettosi.

Inchino di 30 gradi

L’inchino “keirei” è invece utilizzato in contesti lavorativi per mostrare riverenza, ad esempio nei confronti del capo o di un superiore o quando ci si presenta: il busto in questo caso si piega di 30 gradi e le braccia si tengono dritte lungo i fianchi. Quando si incontra qualcuno per la prima volta in una situazione lavorativa, ad esempio per una riunione o un colloquio, solitamente l’inchino segue lo scambio dei meishi, ovvero i bigliettini da visita, una pratica anche questa molto frequente. Capita anche che l’inchino sia seguito da una stretta di mani. L’inchino keirei si usa anche quando si entra o si esce da una sala in cui si è tenuto un colloquio o un meeting di lavoro e quando si incontrano dei clienti.

Un altro uso di questo inchino lo potete vedere in contesti sportivi, ad esempio nelle arti marziali, rivolto verso il proprio avversario, mentre per il maestro si usa fare un inchino più profondo. 

Inchino di 45 gradi

L’inchino più profondo, di 45 gradi, si chiama “saikeirei” ed è quello usato in situazioni molto formali, quando si incontra una persona importante o in contesti religiosi per mostrare rispetto verso gli dei o i monaci. L’inchino di 45 gradi viene usato anche in situazioni in cui si vuole mostrare un profondo ringraziamento per qualcuno che vi ha fatto un grande favore oppure per esprimere dispiacere per qualcosa di grave che si è commesso.

La durata dell’inchino

Anche la durata dell’inchino è indice della profondità del gesto: se si incontra un amico, infatti, basta un leggero e breve inchino di pochi secondi, mentre in contesti religiosi o quando ci si deve scusare per un qualcosa di grave che si è commesso, è bene mantenere l’inchino per un tempo più prolungato, ad esempio 15-20 secondi.

In piedi o da seduti

Normalmente l’inchino viene effettuato da posizione eretta, ma capitano anche situazioni in cui vi è richiesto di fare l’inchino da seduti, nella posizione chiamata “seiza”. Per mantenere una postura corretta si deve posare a terra per primo il ginocchio sinistro, seguito da quello destro, e poi appoggiare i glutei sui talloni; il palmo delle mani poggia sulle gambe, accanto al busto. Vi capiterà di dover assumere questa posizione ad esempio nelle cerimonie del tè, durante le quali vi sarà richiesto di inchinarvi più volte, ad esempio quando vi porgono la tazza di tè o al termine della cerimonia. Quando ci si deve inchinare da seduti, la curvatura segue le stesse regole indicate sopra per l’inchino fatto in piedi, con la differenza che le mani vengono appoggiate sul pavimento, davanti alle ginocchia, con i palmi un po’ aperti e le punta delle dita che si toccano. Nel caso dell’inchino più profondo, il capo arriva quasi a toccare il pavimento: questo tipo di inchino vi capiterà di vederlo ad esempio nelle arti marziali, dagli allievi verso il maestro, e dagli attori del teatro rivolto verso il pubblico al termine degli spettacoli.

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Marco Togni

Autore

Marco Togni

Abito in Giappone, a Tokyo, da molti anni. Sono arrivato qui per la prima volta oltre 15 anni fa.
Fondatore di GiappoTour e GiappoLife. Sono da anni punto di riferimento per gli italiani che vogliono venire in Giappone per viaggio, lavoro o studio. Autore dei libri Giappone, la mia guida di viaggio, Giappone Spettacularis ed Instant Giapponese (ed.Gribaudo/Feltrinelli) e produttore di video-documentari per enti governativi giapponesi.
Seguito da più di 2 milioni di persone sui vari social (Pagina Facebook, TikTok, Instagram, Youtube).