Razzismo in Thailandia

Se c’è un mercato che in Thailandia continua a crescere anno dopo anno è quello delle creme schiarenti per la pelle: moltissime ragazze usano quotidianamente questi prodotti per modificare il colore della pelle, perché in questo Paese il colore bianco è sinonimo di ricchezza, bellezza e intelligenza. E chi ha la pelle scura, indipendentemente dal Paese di origine, dall’istruzione o dal lavoro che fa, deve fare uno sforzo maggiore per essere accettato al pari dei bianchi. Si parla poco della questione del razzismo in Thailandia, forse perché i Thailandesi sembrano sempre così sorridenti e disponibili che questo ci porta a pensare che siano un popolo molto aperto nei confronti di tutti, ma la realtà è ben diversa, anche se non si può come sempre generalizzare perché ci sono persone più aperte verso gli stranieri e altre più razziste, come in tutti i Paesi d’altronde.

Il problema del razzismo è strettamente collegato al patriottismo, che a volte abbraccia quasi il nazionalismo, perché come forse già saprete i Thailandesi sono molto fieri del proprio Paese, della propria cultura, della famiglia reale e per questo non vedono di buon occhio tutto ciò che proviene da oltre i confini. Ciò fa sì che anche in una disputa un thailandese dia comunque sempre ragione ad un connazionale piuttosto che ad uno straniero. Il razzismo si nota non solo negli atteggiamenti ma anche nei termini dispregiativi che i Thailandesi usano per indicare i gruppi considerati “inferiori”.

Tutti gli occidentali bianchi vengono definiti Farang e in genere sono ben accettati e trattati perché portano soldi, anche se vengono considerati da alcuni Thailandesi solo persone ricche da spennare e truffare. La discriminazione più grande nei confronti degli occidentali è quella che riguarda i prezzi: l’esistenza di due tariffe per quasi ogni servizio, una per i Thailandesi e una, più alta, per i turisti è già di per sé una forma sottile di razzismo.

Ma anche se non vi piace essere chiamati farang, non disperate: ci sono altre razze in Thailandia che vengono trattate molto peggio!

Le minoranze etniche

Per tanti anni le minoranze etniche sono state oggetto di una forte persecuzione in Thailandia, in particolare tutte quelle tribù che vivono nei villaggi nelle zone montuose nel nord-ovest del Paese al confine con Laos, Myanmar, ecc. Molti di questi popoli, come i Karen conosciuti per le celebri “donne giraffa”, sono perseguitati in patria e si rifugiano in Thailandia, dove però sono spesso costretti ad una condizione di schiavitù e di povertà in un Paese che si rifiuta di concedere loro la cittadinanza e che li discrimina impedendo loro l’accesso alla sanità e all’istruzione. In origine il rapporto con questi gruppi era molto pacifico ma in seguito allo sviluppo economico del Paese e all’arrivo sempre più ingente di migranti dal Vietnam a causa della guerra, cambiò radicalmente l’immagine che si aveva di queste tribù che vennero demonizzate dai media, i quali attribuirono loro un ruolo chiave nel traffico della droga. Così, quando nel 2003 il governo cominciò ad attuare un programma molto severo contro il commercio illegale di droga queste tribù furono indicate come colpevoli e divennero vittime di violenze, intimidazioni, torture e uccisioni.

I vicini laotiani o cambogiani sono invece più “accettati” perché sono quelli che generalmente fanno i lavori più umili e degradanti, ma anche in questo caso c’è una forma quasi di derisione: i Thailandesi sono soliti riferirsi a qualcosa che di stupido con il termine “Lao”.

I Mussulmani Malay di Pattani

Molti Thailandesi si riferiscono a chiunque appaia Malay, Indiano, Turco o Arabo con il nome “Kaak”, un termine offensivo che significa “straniero” o “ospite” e nasce dall’ostilità verso i Mussulmani Malay di Pattani.

Nelle provincie di Pattani, Narathiwat, Yala, Songkhla e Satun, lontano dalle località turistiche, vive  la minoranza etnica musulmana dei Malay, che ha una propria cultura, delle proprie tradizioni e anche una propria lingua: per questo da vari decenni i gruppi separatisti rivendicano la propria autonomia. Questo odio ha radici molto antiche che risalgono alla fine del 1800 quando queste province, che costituivano il sultanato di Pattani, vennero  annesse alla Thailandia. I Malay sono sempre stati oggetto di repressione e discriminazione da parte del governo thailandese.

I cinesi

La numerosa minoranza cinese costituisce il 14% della popolazione thailandese e anch’essa è stata vittima del sentimento xenofobo in particolare durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale: i cinesi furono  costretti a nazionalizzare i loro nomi e cognomi, rendendoli simili a quelli thailandesi, e venne limitato l’insegnamento della loro lingua e scrittura. Per questo oggi le nuove generazioni di cinesi comunicano esclusivamente in thailandese al di fuori delle mura domestiche.  Anche per loro però è stato pensato, ovviamente, un nomignolo: i cinesi vengono chiamati Jek. Ma rispetto a tutte le altre nazionalità, sono quelli che si sono integrati meglio nella società thailandese per l’importante contributo della comunità cinese all’economia thailandese: all’inizio del ‘900 la Cina rappresentava il principale mercato estero, da cui veniva importato riso e altri prodotti; oggi i cinesi rappresentano una forza lavoro molto importante per la Thailandia. A dimostrazione dell’integrazione cinese in Thailandia c’è anche il fatto che molte festività cinesi vengono rispettate e celebrate.

Africani e persone di colore

La pelle scura per i Thailandesi è sinonimo di una condizione sociale inferiore e per questo le persone di colore sono quelle maggiormente discriminate. Gli Africani vengono chiamati “Aye Murd”, che equivale a “negro” nel senso più dispregiativo. I volti di persone di colore appaiono spesso nelle commedie televisive, associati a personaggi poco intelligenti, ed esiste anche una linea di prodotti per le pulizie chiamata “Black man” e pubblicizzata proprio da persone di colore, cosa che ci riporta alla mente la condizione di servitù subita dagli Africani in passato. Ma anche per le persone di colore bisogna fare una distinzione in base alla provenienza, perché ad esempio gli Afro-americani sono considerati ad un livello superiore per una questione di ricchezza/condizione sociale migliore rispetto a chi viene dall’Africa.

In conclusione i thai sono razzisti?

Diciamo che difficilmente i Thailandesi fanno commenti razzisti sul colore della pelle degli stranieri in pubblico, ma a causa del tipo di educazione ricevuta i Thai pensano di essere migliori degli stranieri e il fatto di essere stati a lungo isolati li porta ad avere una certa curiosità e anche paura verso gli stranieri con un colore di pelle diverso e la loro visione si basa essenzialmente su stereotipi.

Ma ribadisco che non tutti i Thailandesi sono così e come per ogni luogo ci sono persone e persone,  quindi troverete moltissime persone con una mentalità aperta.

Marco Togni

Autore

Marco Togni

Abito in Giappone, a Tokyo, da molti anni. Sono arrivato qui per la prima volta oltre 15 anni fa.
Mi piace viaggiare, in particolare in Asia e non solo, e scoprire cibi, posti e culture.
Fondatore di GiappoTour e GiappoLife. Sono da anni punto di riferimento per gli italiani che vogliono venire in Giappone per viaggio, lavoro o studio. Autore dei libri Giappone, la mia guida di viaggio, Giappone Spettacularis ed Instant Giapponese (ed.Gribaudo/Feltrinelli) e produttore di video-documentari per enti governativi giapponesi.
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