Comunicazione non verbale

Secondo gli esperti, una parte sostanziale della nostra comunicazione è di tipo non verbale. Ogni giorno, senza accorgercene, rispondiamo a migliaia di segnali non verbali e atteggiamenti legati alla postura, all’espressione del viso e al tono della voce. I dettagli non verbali rivelano chi siamo e come ci relazioniamo con le altre persone. In molti casi, comunichiamo combinando più gesti, ad esempio incrociando le braccia e mantenendo lo sguardo fisso senza battere le ciglia, per mostrare disapprovazione.

Al di là della comunicazione verbale, esiste dunque un canale espressivo che non si basa sull’uso della parola, ma su gesti, sul contatto visivo, sulla postura e su tutte quelle espressioni corporee che vengono comunemente definite “comunicazione non verbale”, un potente strumento che può aiutarci ad esprimerci e ad interagire con altri individui, talvolta contribuendo a migliorare le relazioni interpersonali.
Un messaggio può essere infatti comunicato, oltre che a parole, attraverso gesti, tatto, linguaggio del corpo, distanza fisica, espressione del viso e contatto con gli occhi.
Quando interagiamo con gli altri, scambiamo numerosi segnali che prescindono dalle parole: il modo in cui ci sediamo, la posizione che assumiamo mentre parliamo con un’altra persona, l’espressione del nostro viso ecc. Tali segnali continuano anche quando smettiamo di parlare. E c’è di più: spesso accade di comunicare due cose totalmente diverse attraverso la nostra comunicazione verbale e quella non verbale, tanto che, di fronte a questi segnali contrastanti, spesso alla base di sfiducia ed incomprensioni, l’ascoltatore deve scegliere se credere al messaggio verbale o a quello non verbale, nella maggior parte dei casi finendo per ascoltare quello non verbale, in quanto naturale, sincero ed istintivo, tale da trasmettere le vere emozioni che proviamo in quel momento.

Per imparare a comunicare più efficacemente, è dunque assai importante diventare più sensibili verso i segnali trasmessi dal corpo del nostro interlocutore, ma anche e soprattutto da quelli trasmessi dal nostro corpo, imparando inoltre a gestirli e a trasformarli in un potente mezzo espressivo che dia valore alle nostre parole. Se si desidera comunicare in modo efficace, evitare malintesi e godere della fiducia del nostro interlocutore, sia sul piano personale che su quello professionale, è importante capire come utilizzare e interpretare i segnali non verbali.

Interazione tra comunicazione verbale e non verbale

Rispetto al messaggio verbale, la comunicazione non verbale può ricoprire essenzialmente questi cinque ruoli: ripetizione, contraddizione, sostituzione, completamento e accentuazione.
Messaggi verbali contrastanti con quelli non verbali all’interno della stessa interazione possono generare una comunicazione inefficace e contradditoria. Una persona che verbalmente dichiara una sua verità e contemporaneamente mostra irrequietezza o evita il contatto visivo può trasmettere un messaggio contrastante e ambivalente. In questi casi la comunicazione non verbale diventa lo strumento principale con cui involontariamente trasmettiamo un determinato messaggio, pertanto occorre essere ben consapevoli dei segnali che inviamo attraverso il nostro corpo. Ognuno di noi è infatti istintivamente portato ad interpretare le espressioni facciali e i movimenti del corpo del nostro interlocutore, traducendoli in emozioni ben precise.
La corretta interpretazione dei messaggi è agevolata invece quando la comunicazione non verbale e quella verbale si completano e si rafforzano a vicenda.

Le espressioni facciali

Il nostro viso è capace di esprimere infinite emozioni senza che la nostra bocca emetta una sola parola. Le espressioni facciali hanno inoltre il pregio di essere universali, indipendentemente dalla cultura di appartenenza. Con tutti i vari muscoli che controllano la bocca, le labbra, gli occhi, il naso, la fronte e la mascella, si stima che il volto umano possa arrivare ad esprimere più di diecimila espressioni diverse. I numerosi muscoli facciali premettono infatti di assumere una varietà incredibile di espressioni, la maggior parte delle quali vengono trasmesse solo con gli occhi: dal momento che la vista è il senso predominante per la maggior parte delle persone, il contatto visivo è un tipo di comunicazione non verbale particolarmente importante. Il modo in cui si guarda a qualcuno può comunicare molte cose: affetto, ostilità, allegria, diffidenza ecc. Le emozioni negative di solito si manifestano come un aumento della tensione nei vari gruppi muscolari: serrare i muscoli della mascella, corrugare la fronte, socchiudere gli occhi e occludere le labbra. Al contrario, le emozioni positive sono rivelate per lo più dall’allentamento delle linee sulla fronte e dal rilassamento dei muscoli intorno alla bocca. Un individuo rilassato solitamente tende ad inclinare la testa di lato, esponendo la propria area più vulnerabile, ossia il collo.

Gli occhi

Il contatto visivo è uno dei principali strumenti con cui comunichiamo interesse, attenzione e coinvolgimento. Uomini e donne hanno modi diversi per comunicare attraverso lo sguardo: se da un lato gli uomini tendono a guardare in maniera diretta una persona o un oggetto verso cui nutrono interesse, dall’altro le donne tendono a muovere gli occhi nello spazio circostante, per tenere sotto controllo la situazione. In generale, il disinteresse è piuttosto evidente quando, in un contesto sociale, si tende ad evitare il contatto visivo diretto con altri individui. Le persone sono portate istintivamente a sondare l’umore degli altri scrutando attentamente il loro sguardo, carpendone eventuali segnali positivi o negativi. Più a lungo si stabilisce un contatto visivo tra due persone, maggiore è il livello di intimità.
La lunghezza di uno sguardo, la frequenza, il grado di dilatazione della pupilla e la velocità con cui si sbattono le palpebre sono tutti segnali importanti nella comunicazione non verbale.

Movimenti del corpo e postura

Il modo in cui camminiamo, ci sediamo, stiamo in piedi o compiamo qualsiasi azione, dice molto a proposito del nostro stato d’animo. Le mani, in particolare, rappresentano uno dei canali espressivi più efficaci, ma in questo caso occorre dire che a seconda delle culture, gli stessi gesti possono assumere significati assai diversi, la conoscenza dei quali è fondamentale per evitare spiacevoli errori di interpretazione. A tal proposito, gli studiosi hanno catalogato i gesti in alcune grosse categorie, come ad esempio quella dei cosiddetti gesti emblematici (ad esempio lo sventolare la mano per salutare, scrollare le spalle per esprimere non curanza ecc.), che possono variare sensibilmente a seconda delle culture.
Anche la postura comunica una serie di messaggi e può essere oggetto di valutazione nel determinare il grado di coinvolgimento di una persona rispetto ad una data situazione.

Il tatto

Gesti come una stretta di mano o un abbraccio rappresentano un canale di comunicazione non verbale basato sul senso del tatto. Per comprendere l’importanza di un simile gesto, basta pensare all’effetto che può avere una stretta di mano più vigorosa, rispetto ad una più debole.
Il tatto è un senso estremamente importante per gli esseri umani ed è inoltre il primo senso a svilupparsi nel feto. Ricerche hanno dimostrato enormi difficoltà di sopravvivenza presso neonati privati del senso del tatto. I neonati hanno vista e udito ancora poco sviluppati, pertanto tendono a comunicare essenzialmente attraverso il contatto fisico con la madre. A seconda della cultura, il contatto fisico viene ritenuto più o meno accettabile: nella cultura tailandese, ad esempio, toccare qualcuno è considerato un segno di maleducazione. Alcune popolazioni europee come italiani e greci tendono a toccarsi molto più frequentemente rispetto ad altre, come inglesi, olandesi e francesi.

La voce

Al di là delle parole che pronunciamo, vi sono altri fattori che influenzano la comunicazione: il tono della voce, il ritmo, l’inflessione ecc. Spesso si definisce “paralinguistica” quella serie di aspetti connessi all’uso della voce, ma non strettamente legati alle parole pronunciate: ritmo, intonazione, volume , stile nel parlare, accenti ecc. Molte volte sono proprio questi aspetti ad influenzare maggiormente l’emozione che trasmettiamo. Basti pensare a qualcuno che, pur utilizzando parole educate, parla con un tono piuttosto alto, tradendo così uno stato di rabbia. Un oratore che sta effettuando il suo discorso in pubblico potrebbe trasmettere messaggi opposti solo attraverso il tono della sua voce: un tono forte e deciso trasmetterebbe sicurezza e convinzione e porterebbe all’approvazione e all’entusiasmo degli ascoltatori, mentre le stesse parole, pronunciate con un tono di voce esitante, potrebbero suscitare disapprovazione e mancanza di interesse.

Abbigliamento

L’abbigliamento è una delle forme più comuni e più immediate di comunicazione non verbale: il tipo di abbigliamento può dire molto a proposito della personalità, del background culturale ed economico di una persona; inoltre lo stile con cui indossiamo determinati abiti può trasmettere il nostro umore, i nostri interessi e i nostri valori culturali e sociali. La scelta di un vestito o di un’acconciatura è considerata a tutti gli effetti un mezzo di comunicazione non verbale. Optare per un colore piuttosto che per un altro, rivela spesso uno stato d’animo ben preciso e può condizionare di conseguenza il giudizio e l’interpretazione che gli altri danno di noi. Basti pensare all’attenzione dedicata alla scelta del look per presentarsi ad un colloquio di lavoro per riconoscere l’importanza di un simile canale di comunicazione non verbale.

Stress e comunicazione

Quando si parla e allo stesso tempo si sta pensando ad altro, è facile che la nostra comunicazione verbale e quella non verbale non coincidano, ecco perché è fondamentale imparare a rimanere concentrati e fare in modo di comunicare in maniera efficace, avendo pieno controllo delle proprie gestualità.
Imparare a gestire lo stress è un altro fattore chiave per migliorare la comunicazione non verbale, in quanto esso è in grado di compromettere seriamente le capacità di comunicazione di un individuo: quando si è stressati è assai probabile che i nostri gesti vengano mal interpretati e generino incomprensioni, senza contare che le emozioni sono contagiose e si rischia di trasmettere agli altri il nostro stato di malessere. Quando ci si sente sopraffatti dallo stress, meglio prendersi qualche momento di pausa, cercando di riacquistare il proprio equilibrio emotivo, in modo tale da poter riprendere la comunicazione in un secondo tempo, quando si sarà certi di poterlo fare in maniera più serena ed efficace.

Consapevolezza emotiva

Maturare una consapevolezza circa i propri canali di comunicazione non verbale aiuta a riconoscere le emozioni degli altri e i segnali che ci stanno inviando.
La consapevolezza emotiva consente inoltre di infondere fiducia nelle relazioni interpersonali e di garantire una comunicazione efficace con piena corrispondenza tra segnali verbali e non verbali.

Individuare le incoerenze

La comunicazione non verbale dovrebbe rafforzare ciò che viene detto a parole. Molte volte capita di notare come una persona stia dicendo qualcosa, mentre il suo corpo dice qualcos’altro. Il modo migliore per riuscire ad individuare eventuali incoerenze è valutare nell’insieme tutti i segnali non verbali che stiamo stanno ricevendo, dal contatto con gli occhi al tono della voce, passando per il linguaggio del corpo, il tutto lasciandosi guidare dal proprio istinto. Maggiore sarà la nostra capacità di captare i segnali non verbali, maggiore diventerà l’abilità nel cogliere incongruenze e valutare se ci troviamo di fronte ad una persona onesta oppure no.

Cenni storici

Il primo studio scientifico sulla comunicazione non verbale è stato quello di Charles Darwin, con l’opera “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, là dove egli sosteneva che tutti i mammiferi fossero in grado di comunicare efficacemente con le espressioni dei loro volti. Un altro apporto fondamentale è stato quello dello studioso Ray Birdwhistell, che ha stimato come le persone parlino in media per un totale di circa 10/11 minuti al giorno e che ogni frase richieda solo circa 2,5 secondi di tempo, mentre la stragrande maggioranza della comunicazione avviene per via non verbale.
Attualmente gli studi sulla comunicazione non verbali si suddividono in vari settori, tra i quali la linguistica, la semiotica e la psicologia sociale.

La comunicazione non verbale nelle varie culture

La comunicazione non verbale può avere significati diversi a seconda della cultura. Nelle culture araba e iraniana, ad esempio, le persone tendono a manifestare apertamente il loro dolore, mentre nelle culture asiatiche, si ritiene sconveniente mostrare apertamente le proprie emozioni. Anche l’espressione emotiva varia con la cultura. Più una cultura si basa sull’ individualismo, più è probabile che le persone manifestino apertamente le proprie emozioni, in quanto espressione della propria unicità e individualità, mentre nelle culture collettiviste, un simile atteggiamento potrebbe recare disturbo al gruppo. Anche i gesti cui si tende ad attribuire un significato universale possono assumere valori differenti a seconda del paese in cui ci troviamo. Ad esempio, mostrare la lingua è comunemente ritenuta una forma di presa in giro nei paesi occidentali, mentre in Polinesia è un saluto e un segno di riverenza. Ancora, battere le mani è il nostro modo di applaudire, ma in Spagna e in Oriente è un mezzo per chiamare il cameriere. Nell’Europa del Nord solitamente si manifesta assenso muovendo la testa su e giù, e scuotendola a destra e sinistra per indicare disaccordo, mentre in Grecia si agisce all’esatto opposto. Ridere è considerato un segno di divertimento, ma in Africa è un segno di meraviglia o di imbarazzo.
Un semplice gesto come indicare con il dito è considerato scortese in alcune culture e gli asiatici in genere utilizzano l’intera mano per indicare qualcosa.
Nella cultura occidentale tradizionale, il contatto visivo è interpretato come manifestazione di attenzione e onestà. In molte culture, come quella ispanica, mediorientale e asiatica, al contrario, un contatto visivo diretto è ritenuto irrispettoso e la mancanza di contatto con gli occhi non significa affatto che una persona non stia prestando attenzione. In America Latina e nel Medio Oriente, la distanza fisica accettabile è molto più breve rispetto a quella comunemente adottata presso europei e americani, in altre parole, in alcune culture si tende a stare molto più vicini, occupando quello che per molti altri è considerato lo spazio vitale.

Fattori genetici

Secondo alcuni studiosi, anche i tratti fenotipici possono trasmettere determinati messaggi nell’ambito della comunicazione non verbale, ad esempio il colore dei capelli e la statura. Alcune ricerche hanno rivelato come le persone più alte risultino automaticamente più imponenti anche dal punto di vista della personalità. In base ad uno studio effettuato su un campione di manager nel Regno Unito, si è messo in luce come gli individui più alti avessero ottenuto più successi professionali.

Prossemica

La prossemica è lo studio di come le persone usano e percepiscono lo spazio fisico che le circonda. Lo spazio tra il mittente e il destinatario di una comunicazione influenza fortemente il modo in cui il messaggio viene percepito, senza contare che la percezione e l’uso dello spazio variano significativamente da cultura a cultura. La spazio vitale di cui abbiamo bisogno è influenzato da una serie di fattori, tra cui le convenzioni sociali, le caratteristiche della propria personalità e il livello di familiarità con coloro che ci circondano.
Nell’ambito di una comunicazione non verbale lo spazio può essere suddiviso in quattro categorie principali: territorio primario, territorio secondario, territorio pubblico e territorio di interazione.

  • Territorio primario: si tratta di uno spazio intimo ed esclusivo, dove gli altri non possono entrare senza il permesso del proprietario. Un esempio su tutti, la casa.
  • Territorio secondario: a differenza del territorio primario, non vi è alcun “diritto” di occupazione, ma l’individuo tende a sentirsi in una certa misura proprietario: ad esempio, il fatto di occupare sempre una stessa postazione in chiesa e di avvertire irritazione se qualcun altro la occupa al posto nostro.
  • Territorio pubblico: si riferisce ad una zona a disposizione di tutti, ma solo per un determinato periodo, come ad esempio un parcheggio o un posto a sedere in una libreria. Anche se le persone possono vantare un diritto a tempo limitato su quello spazio, spesso desiderano estendere tale diritto (ad esempio quando, all’intero di un parcheggio pubblico, si tende ad impiegare più tempo del dovuto prima di cedere il proprio posto ad un altro).
  • Territorio di interazione: questo è lo spazio detenuto da coloro che stanno interagendo. Ad esempio, quando i membri di gruppo in marcia su un sentiero stanno parlando tra loro, gli altri membri tendono a camminare intorno a coloro che parlano, piuttosto che disturbare il loro territorio di interazione.
Marco Togni

Autore

Marco Togni

Abito in Giappone, a Tokyo, da molti anni. Sono arrivato qui per la prima volta oltre 15 anni fa.
Mi godo la vita in ogni sua forma.
Fondatore di GiappoTour e GiappoLife. Sono da anni punto di riferimento per gli italiani che vogliono venire in Giappone per viaggio, lavoro o studio. Autore dei libri Giappone, la mia guida di viaggio, Giappone Spettacularis ed Instant Giapponese (ed.Gribaudo/Feltrinelli) e produttore di video-documentari per enti governativi giapponesi.
Seguito da più di 2 milioni di persone sui vari social (Pagina Facebook, TikTok, Instagram, Youtube).